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Lettere
Bibwa (Kinshasa) 11 gennaio 2006
Bibwa 2006 – Progetti istruzione 1
Cari amici che prendete parte alla mia vita missionaria.
Eravamo sul sentiero che come filo d’Arianna lega i villaggi. Le alte erbe di fine stagione secca disturbavano il volto. Agli amici che condividevano il mio cammino missionario ho ricordato le parole che Dio dice in Isaia: “Non ricordate più le cose passate, ecco che faccio un’opera nuova, ecco già ora germoglia: ma non ve ne accorgete?”
Le erbe secche sembrano padrone ma sono il passato. I nuovi germogli si fa fatica a vederli ma sono il futuro. Questo nostro Congo, se viene raccontato da chi vede le erbe secche, non convince. Dio vorrebbe donarci il suo sguardo, uno sguardo da “popolo di profeti”, per vedere che lui sta facendo un’opera nuova; vorrebbe tanto colmarci di speranza per crederci, di coraggio per metterci le mani. È Lui che fa, ma è bello essere suoi collaboratori.
L’anno scorso, quando mio fratello Emanuele era qui, abbiamo riflettuto e sognato. Lui laico che vede da vicino i diritti e le speranze della gente, io servitore del Vangelo che sottolineavo il sogno di Dio per tutti coloro che Lui ha chiamato alla vita, insieme ci pareva di tenere per mano la terra e il cielo, senza che nessun divorzio spingesse a spiritualismo o materialismo.
Quando con la gente di qui ci siamo radunati a riflettere e fare le scelte, abbiamo vissuto una stagione operosa, quasi euforica. Ma l’avevamo chiarito all’inizio: facciamo un’esperienza pratica, per capire meglio chi siamo, che coraggio ci portiamo dentro, quali persone tra noi hanno preparazione e costanza per assumere le responsabilità.
Poi faremo tappa, studieremo la cosa, ripartiremo sapendo meglio dove mettere le mani. Adesso non mi lasciano in pace, pare un bambino stanco della pancia di sua mamma che adesso vuole venire alla luce e guardare sua mamma negli occhi. Perché il tempo gioca contro di noi, una trasformazione rapida investe questo quartiere di estrema periferia che sta diventando una sola cosa con Kinshasa. Quante volte ho pensato a Gesù, che sente compassione della folla, perché sono come pecore senza pastore! La maggioranza è arrivata qui, profughi della guerra, profughi della miseria, ma con tanta voglia di riprendere in mano la vita.
Ci siamo detti: una cosa alla volta, perché il cane, anche se ha quattro zampe, non corre dietro a due lepri insieme. Però poi, partito uno, sotto chi tocca!
le ragazze dai 13 ai 20 anni che nei tempi di insicurezza e precarietà non sono andate a scuola.
Quattro giorni alla settimana, scuola di leggere e scrivere, ago e filo, uncinetto e maglia, taglio e cucito, fare le trecce, arti femminili.
le mamme (gli adulti) che vogliono familiarizzarsi con leggere e scrivere, o mettere in comune le loro conoscenze di medicina tradizionale e cucina locale.
i bambini che stanno sulla strada perché hanno perso la strada della scuola; due gruppi: uno, per chi comincia a imparare; l’altro, per chi riprende dopo aver lasciato i quaderni; sempre con la voglia che ci prendano gusto e possano tornare a scuola.
Giovani che fanno le scuole commerciali, e hanno bisogno di imparare il computer (il futuro è
cominciato anche in Congo);
Poi corso serale per un altro gruppo di giovani della scuola secondaria che vogliono imparare il
francese (e l’inglese) da cristiani, perché nessuno di loro ha mai avuto un libro in mano; tutti
Bibwa 2006 – Progetti istruzione 2
sappiamo la fatica di imparare una lingua dove parlato e scritto non vanno d’accordo, scrivi patate e leggi fagioli.
Beh, il resto non ve lo dico (per esempio lo sviluppo agricolo dei villaggi a qualche ora di cammino da qui) perché mi risponderete che chi troppo vuole nulla stringe, come quel famoso cane con quattro zampe.
Nota bene: il nostro principio è “Salvare l’Africa con l’Africa”, cioè mettere al primo posto la gente
di qui, per riflettere e scegliere, per assumere le responsabilità e la continuità.
A ogni partecipante chiediamo un contributo sia pure modesto (qui mangiano una volta al giorno e, se il mese è più lungo di febbraio, i giorni in più sono digiuno).
Ho fatto un conto: coi costi della città, mangiare quanto basta per avere una linea invidiabile ci vuole un dollaro a testa; siete sei in casa, ci vogliono sei dollari.
Mi sono guardato attorno e ho trovato più gente che dollari.
La sottoalimentazione indebolisce il fisico. Mi confidava oggi padre Benito che è con me: “Bibwa è un ospedale a cielo aperto, le malattie in circolazione trovano subito dove mettersi, i poveri non hanno mezzi per curarsi, Caritas locale da sola non ci arriva…”.
Come fare? Rimandarli tutti a casa come dicevano i discepoli? “Fate qualcosa voi”, diceva Gesù.
Andrea comincia subito e trova un ragazzino col cesto della merenda (voleva restare a lungo con Gesù senza essere mandato a casa dalla fame). Se i soci della merenda sono tanti, è la volta buona che mettiamo insieme il necessario per un gruppo e poi per un altro (50 o 100 alla volta).
Bella invenzione la macchina! Però per farla correre ci vuole la benzina. E per realizzare un progetto ci vogliono i cum quibus. Padre Benito ha provato a quantificare, su otto mesi (un “piccolo” contributo lo dà chi partecipa):
1°. Progetto, ragazze:
2 insegnanti, altre due macchine da cucire, materiale vario: 2.500 euro.
2°. Progetto, alfabetizzazione adulti:
una insegnante e materiale didattico: 1000 euro.
3°. Progetto, ragazzi senza scuola che imparano:
due insegnanti e materiale didattico: 1500 euro.
4°. Progetto giovani e ordinatore:
quattro computer da comprare sul posto, più insegnante: 2.500 euro.
Corsi serali di francese inglese, insegnate e materiale didattico: 1000 euro.
La popolazione di Bibwa è molto giovane anche perché sono molte le famigliole che provano a ripartire da qui. Circa il 70% della gente è sotto i 25 anni.
I grandi sciamano al mattino per tornare a sera con qualcosa, e i bambini a chi li lasciamo? Intanto
sono sacrificate le bambine, che non vanno a scuola per badare al fratellino. Mamme o ragazze
preparate per fare una piccola scuola materna qui ci sono: tra l’altro sono artiste nell’animare i bambini.
Oggi 11 gennaio: compio 62 anni. Ringrazio il Signore che mi ha donato la vita e ha dato senso alla mia vita. La cosa che più mi piace pensare è la misericordia di Dio.
La vita serve per imparare a vivere, scoprire ciò che conta, cioè amare ed essere amati: e quando abbiamo imparato, è tempo di entrare nella Vita, dove Dio sarà tutto in tutti.
Bibwa 2006 – Progetti istruzione 3
Dio è amore e ci ha amati per primo: e l’amore verso gente come noi tante volte si chiama misericordia, ma lo fa così volentieri e col volto che si illumina per incoraggiarci, che la misericordia venuta da lui non pesa proprio ma rende leggero il cuore.
Ho ricevuto tanto dalla vita, e tanti doni Dio me li ha fatti passando per la gente.
Sono in debito, e dire “grazie” significa fare il possibile per ridonare il bene ricevuto.
Certo, vista da qui, la mia vita è privilegiata e protetta, sono la nobiltà tra i servi della gleba e non è giusto.
Mi spiego. Sabato venivo dai villaggi oltre il fiume Fushi. Sul sentiero trovo donne e bambini che portano legna sulla testa: fascine incredibili. Si fermano a respirare. Chiedo a una mamma se posso portare il suo carico. È così sfinita che accetta. Me lo metto in testa e sento male al collo, dopo 200 metri il cuore batte forte e mi manca il respiro. Passato il fiume c’è la salita. Mi fermo.
Saranno più di 70 kili. Lei vuole portare da sola, facciamo metà metà. Sono arrivato alla casupola stremato. Dico: “Mamma, questo lavoro ti ammazza”. “Se non lo faccio, cosa mangiano i bambini?”
Mentre io porto una Bibbia leggera in mano, sento che queste donne e questi bambini fanno una vita che il Padre guarda con estrema attenzione, e lo ringrazio.
Non vorrei essere quello che scrive per chiedere.
Ho già tanta persone e gruppi cui dire GRAZIE e il cui aiuto sta portando frutti.
Un aiuto lo abbiamo anche dato alle persone troppo povere per potersi curare.
Ciò che rende BIBWA una missione un po’ sui generis è che siamo in città anche se estrema periferia, fino a poco tempo fa c’era savana e nessun servizio, in poco tempo si sono installate centinaia di famiglie nuove, la maggioranza delle quali sono come i naufraghi che toccano riva e non hanno bagaglio appresso, su una terra non loro (come invece capita nei villaggi) e un terreno sabbioso che rende ben poco.
Eppure il baricentro di Kinshasa si sta spostando verso di noi, i nuovi quartieri sono previsti di qua, domani ci saranno strutture per il lavoro, la gente crede che il futuro sarà diverso dal presente.
Un giorno racconterò come vivono le piccole comunità cristiane che compongono Bibwa, e la formazione civica e sociale che prepara la gente alle elezioni libere e all’inizio di uno Stato
democratico.
Grazie ancora a tutti voi, a quanti credono nel valore della persona umana, a quanti arrivano a fidarsi che Dio ama per primo questa nostra umanità.
Con affetto, padre Vittorio.
Carissimi,
vi invio il messaggio di P.Vittorio Ferronato.
Lo abbiamo messo insieme e lui mette la forma poetica e spirituale.
Un caro saluto. Padre Benito