Padre Benito


Vai ai contenuti

Ottobre 2018

Lettere

BRESCIA 22 OTTOBRE 2018

Cari amici, familiari, benefattori, comboniani, pace e gioia a voi.

Da mesi penso a scrivervi, lo sento come dovere di gratitudine, bisogno di condividere; ma nello stesso tempo mi sento in difficoltà.
Sono pochi tra voi che mi scrivono e talvolta mi viene di immaginare che possiate trovarvi in difficoltà: diversi sono partiti per la casa del Padre.
Sono in difficoltà a raccontare della situazione del Congo, sempre più difficile e con sofferenze inaudite.
I mass-media ogni giorno mostrano problemi e atrocità di tutti i paesi del mondo.

Ma sento come dovere aggiornarvi sulla mia scelta di lasciare il Congo e venire in Italia senza biglietto di ritorno.
Dal 24 settembre 2018 appartengo alla provincia comboniana di origine.
Ho impiegato più di un anno ad arrivare a questa scelta, traversata da tante questioni di pro e contro, di perché... lista troppo lunga e non penso utile rivangare.
Citerò qui quanto ho scritto ai confratelli del Congo, senza poter salutare i cristiani delle diverse missioni dove ho operato a partire dal gennaio 1973 e qualcosa che ho spiegato ai superiori provinciali del Congo e dell'Italia.

“La motivazione più profonda è che ho bisogno di rivivere il tempo del fare, 56 anni, con la capacità di riposo, per liberarmi dall’affanno che mi impedisce la preghiera, il sonno e la pazienza.
Di dare un po’ più di tempo a sostare col Signore in preparazione all’incontro con lui. Ci hanno insegnato ad amare, senza attaccarsi.
Ho vissuto momenti di debolezza fisica e morale, ho cercato di essere a servizio senza pretendere nulla.
Sono stato ripagato abbondantemente: devo solo ringraziare la gente incontrata, la Chiesa e i confratelli comboniani, Vescovi e preti diocesani, gli aspiranti e giovani in cammino di formazione… Nella lettera a tutti i confratelli del Congo, scritta il 14 settembre, S. Croce, dopo aver indicato le varie tappe, dopo l’ultima, dal dicembre
2011 a settembre 2018, ho scritto: Dio conosce l’ora dell’incontro con lui.
Quando in luglio 1988 sono uscito dal coma all’ospedale di Kisangani, ho accettato la mia morte e dopo d’allora provo gioia e gli consacro quel momento.
A poco a poco mi preparo a lasciare questa terra ringraziando il Signore per quanto ha potuto operare in me e attraverso di me per questa missione. Staccarmi da questa missione che m’aveva sedotto dal piccolo seminario (di S.Abbondio, Como) mi farà sentire più vicino a voi e alle comunità incontrate sul mio cammino, grazie all’Eucarestia e l’intercessione, mia principale occupazione di questa tappa.
Chiudevo il messaggio formulando l’augurio di gioia e fraternità tra tutti.
Sono stato accolto dai confratelli di Milano con tanta bontà e ora qui a Brescia mi sento come coccolato da questa misericordia del Signore che non cessa mai di consolarci nelle tribolazioni.
Cerco un po’ per giorno di prendere contatto con alcuni familiari e amici. Ho percepito in qualcuno un senso di paura e amarezza sconsolata.
Non so quanti di voi arriveranno a leggere fin qui.
Papa Francesco ci dice: la preghiera è il primo lavoro missionario. Io credo alla Chiesa di oggi, a questo Papa, come già S. Daniele Comboni insegnava a sentirsi uniti al Papa.
Ciascuno di voi è nella mia eucarestia quotidiana. Il Signore è capace di toccare i nostri cuori e guarirci dalle ferite. Mi pare sia un bisogno di tutti.
E soltanto lui ci conosce nel profondo e si contenta del poco che noi accogliamo della sua misericordia senza limiti.

Auguri di gioia per tutti.

P. Benito.



Torna ai contenuti | Torna al menu